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Amarcort Film Festival - Festival di cortometraggi - 2/8 Dicembre 2016 - Rimini

Amarcort Film Festival - Festival di cortometraggi - 2/8 Dicembre 2016 - Rimini

2/8 Dicembre 2016 - RIMINI

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Questi sono i premiati del 3° concorso per sceneggiature "Grand Hotel".

Miglior sceneggiatura
A little bullet di Daniele Esposito
La soggettiva di una pallottola difettata in un mondo di armi perfette, la rende vivente come una coscienza palpitante all'interno di un essere umano.
Una carrellata di eventi storici, appena accennati, danno l'idea dei vili soprusi perpetrati su esseri umani da strumenti di morte creati dai suoi simili. Una vera e propria scala gerarchica dell'orrore tra armi di differente utilizzo. Questi sono alcuni temi di: "A little bullet", il cortometraggio di animazione che vince il premio Amarcort 2016.
Pensare che la natura di qualcosa sia la violenza è già contro natura. Ma la piccola pallottola inverte il senso compiuto delle cose e con la sua determinazione pacifista porta altre armi dalla sua parte, rifiutandosi di agire per lo scopo per cui è stata costruita. La geniale idea di bypassare la retorica sulla violenza creando un nuovo inedito punto di vista in cui ogni cosa ha una sua anima e capacità di scelta, rende questo cortometraggio un piccolo capolavoro che fa riflettere sul proprio potere personale.

Menzione Speciale
Che fine ha fatto l'ignoranza di Delio Colangelo
Dissacrare e capovolgere alcuni dei problemi più comuni della disabilità, ha in sé il grande potenziare di puntarvi addosso il riflettore dell'attenzione comune e, speriamo, condivisa. Il cortometraggio è un inno alla capacità di trasformare qualsiasi situazione in un trampolino di lancio di fronte a una vera spinta. Lontana dal buonismo e vittimismo con cui spesso si toccano tali delicati argomenti, questa sceneggiatura strappa un sorriso canzonatorio a tutti coloro che guardano il mondo dei disabili con un tocco di pietà.

Menzione Speciale
Il colore del buio di Luca Mastrogiovanni
Luca Mastrogiovanni con la sua sceneggiatura "Il colore del buio", scava in pochi minuti nell'animo di un ragazzo non vedente, immergendo lo spettatore, con cautela, nella sua stessa condizione visiva ed esistenziale senza pietismo o vittimismo, ma con intelligenza e originalità. Man mano che avviene questo percorso di conoscenza attraverso una telefonata tra due sconosciuti, Omero e Olimpia, lo spettatore assiste al buio e con discrezione, alle battute perfettamente costruite dei due personaggi, e ne finisce per restare catturato, cosi come la ragazza, dal bisogno di non "vedere" la diversità attorno a noi.